25 novembre: Il silenzio si spezza, il rosso prende voce

Il 25 novembre non è stato solo un giorno segnato sul calendario, è stato un grido collettivo, un gesto simbolico e potente partito dalle scuole per dire basta alla violenza contro le donne. Un’onda rossa è comparsa sulla facciata dell’istituto di istruzione superiore Giacomo Antonietti: grappoli di palloncini, visibili da lontano, leggeri ma carichi di significato, sono rimasti sospesi come memoria viva di tutte le donne che non possono più raccontare la loro storia.

In ogni aula, tra i banchi e le finestre, i ragazzi si sono fermati per riflettere, per ascoltare parole che non si dimenticano. Una poesia che ha attraversato i continenti e gli anni, nata dalla rabbia e dal dolore, ma soprattutto dall’amore di una figlia per sua madre. Una poesia diventata simbolo, condivisa da chi ha subito una perdita che non dovrebbe mai accadere, come nel caso di Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, che ha trovato in quei versi una voce potente per esprimere ciò che nessuna dovrebbe vivere.

Il volto di una giovane donna costruito con i nomi di molte altre, un volto che non è più solo un simbolo ma un appello un messaggio visivo che ha invaso i corridoi e gli ingressi dell’Antonietti, trasformando uno spazio quotidiano in un luogo di memoria e impegno.

Non è stata solo una giornata di riflessione: è stata una dichiarazione collettiva. Gli studenti si sono organizzati, hanno preparato i materiali, gonfiato i palloncini, letto in silenzio e poi hanno fatto rumore. Hanno portato fuori dalle aule la consapevolezza, rendendola visibile, condivisa, virale. Le immagini della facciata dell’Antonietti colorata di rosso sono state condivise sui social, accompagnate da parole scelte con cura, frasi che chiedono giustizia, rispetto, cambiamento.

Insieme hanno detto che non si può più restare a guardare, che le ali strappate a tante donne devono diventare ali nuove per chi resta e che nessuna morte deve essere l’ultima, ma l’inizio di una rivoluzione culturale.

Il rosso non è solo il colore della laurea è diventato il colore della lotta, della resistenza, della promessa che nessuna voce sarà dimenticata e che, da dentro le scuole, può partire una voce forte, capace di uscire e farsi sentire.